Giovannini «Addio alle auto a benzina e diesel entro il 2040»

Giovannini «Addio alle auto a benzina e diesel entro il 2040»

24 giugno 2021 – Si riporta il testo dell’intervista che il Ministro Enrico Giovannini ha rilasciato a la Repubblica, dal titolo: «Giovannini “Addio alle auto a benzina e diesel entro il 2040″» di Riccardo Luna.

«Nel governo stiamo ancora ragionando. Ci sono Paesi, come quelli del nord Europa, che hanno fissato il limite al 2030. Altri al 2040. A luglio arriverà l’indicazione della Commissione Europea. Noi presto decideremo, ma direi che il 2040 è una data limite».

Oltre non si andrà insomma. Per le auto a benzina e a diesel il conto alla rovescia è partito ieri. Il ministro Enrico Giovannini era ospite di TechTalk, l’appuntamento quotidiano del gruppo Gedi per parlare di tecnologia, innovazione e futuro. E per la prima volta ha indicato una data certa per l’inizio dell’era in cui la mobilità sarà solo elettrica («I costruttori sono dalla nostra parte, stanno accelerando moltissimo»); ha annunciato imminenti incentivi per rinnovare il vecchissimo parco circolante di vetture puntando l’indice contro i 20 miliardi di «incentivi dannosi per l’ambiente» che spendiamo ogni anno e ha spiegato perché nei prossimi dieci anni «ci giochiamo l’Italia e ce la faremo».

Oggi siete il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, ad indicare che anche le infrastrutture, come porti e ferrovie, dovranno essere sostenibili. Però delle strade intelligenti si occupa Colao, mentre la mobilità elettrica passa per Cingolani. Come vi dividete il lavoro?

«E stato creato il Comitato interministeriale per la transizione ecologica – il Cite – proprio perché non è immaginabile oggi avere un solo ministero che si occupi di tutte queste cose. Prendiamo ad esempio le auto elettriche: c’è il tema degli incentivi e quello di tutelare la filiera industriale. Oppure lo smart working, che ha effetti importanti sulla mobilità perché se tutti lo richiedono il venerdì il resto della settimana il traffico resta ingolfato».

Un anno fa sembrava che saremmo andati tutti in bici. Ora non si notano grandi differenze con il passato. Come sta andando?

«Tutti i dati ci indicano che per gli spostamenti più brevi l’uso della mobilità dolce cresce molto. Siamo davanti a una rivoluzione. Ma ora dobbiamo capire cosa avverrà a settembre. Ho chiesto all’Istat uno studio su come le famiglie pensano di cambiare il modo di spostarsi dopo l’estate. Lì capiremo».

Ha citato lo smart working. La sensazione è che sia suonata la campanella finale, che ci sia una grande voglia di riavere tutti i dipendenti in ufficio. È così?

«No. Nel decreto che abbiamo approvato abbiamo tolto il limite del minimo 50% di smart working, ma è stato letto male. Non è un ritorno in ufficio, dipenderà dalle situazioni. Da cosa fa l’ufficio».

Il Pnrr ha appena avuto l’ok dell’Europa. Era scontato?

«Assolutamente no. La Commissione europea è stata molto attenta: per ogni progetto presentato c’è una analisi di fattibilità con uno studio molto approfondito. E il fatto che la Commissione rapidamente abbia potuto approvare il piano è il segno che era fatto bene».

Per Infrastrutture e mobilità avete 41 miliardi. Tantissimi.

«In realtà sono 61 se consideriamo tutti i fondi a disposizione. Serviranno. Le infrastrutture sostenibili sono un concetto nuovo: farlo secondo l’economia circolare vuol dire progettarle per il riuso. E poi c’è il tema del coinvolgimento dei cittadini. Per questo abbiamo costituito una consulta con tutte le organizzazioni interessate. Che sta funzionando, c’è volontà di partecipazione».

I porti sono strategici in un Paese come il nostro. Come cambieranno?

«Hanno un investimento dedicato di 4 miliardi. Direi senza precedenti. Per trasformarli in porti verdi. Che vuol dire? Intanto portare l’elettricità in banchina, così le navi spegneranno i motori a gasolio in porto. E poi ridurre i tempi di logistica per diminuirne l’impatto ambientale. Il cambiamento climatico sta cambiando la logistica. Ad esempio lo scioglimento dei ghiacci ha aperto nuove rotte per le navi a Nord ma apre per noi prospettive inedite verso l’Africa».

In 5 anni l’Alta velocità ferroviaria arriverà davvero al Sud?

«Non in tutto il Sud, diciamo in parte, su alcune tratte. Si comincia con Battipaglia-Tarsia, con un blocco che ci consente di collegare questa tratta con Matera e Taranto. Poi collegheremo la Ionica. Una sfida che vinceremo».

E sugli aeroporti?

«È uno dei grandi temi: tutte le compagnie si aspettano un recupero dei viaggi. Ma ci vorrà tempo. Gli aeroporti sono cambiati – come luogo – in modo radicale. L’integrazione fra trasporto aereo e ferroviario sarà cruciale. In Germania, ad esempio, Lufthansa ha già fatto un accordo con le ferrovie. In Francia c’è una legge che scoraggia l’uso dell’aereo per tratte che si raggiungono in treno in tre ore. Tutto questo significa una cosa molto semplice: l’Alta velocità deve arrivare in aeroporto».

Grandi investimenti anche sulle bici.

«Enormi. Abbiamo 600 milioni da spendere solo sulle piste ciclabili. Questo cambierà il volto delle città ma anche delle campagne, dove si potrà sviluppare un nuovo turismo».

E i monopattini? C’è una proposta di legge che punta a imporre regole molto severe Come la pensa?

«Fino allo scorso anno non c’erano statistiche. Solo dagli ultimi sei mesi abbiamo dei dati dai quali emerge il fatto, evidente, che i giovani preferiscono questo tipo di mobilità. Dobbiamo assicurare la sicurezza delle persone facendo molto di più dal punto di vista dell’educazione stradale. Non è banale far rispettare le norme della circolazione a chi viaggia su un monopattino, spesso senza nessun tipo di formazione».

A proposito di sicurezza stradale, c’è il tema annoso degli incidenti. Si parla di pandemia stradale ormai. A che punto siamo?

«Tutti i Paesi si sono impegnati a dimezzare le vittime. E poi c’è l’obiettivo di alcune città di arrivare a zero vittime sulle strade. Sono traguardi che non si raggiungono senza interventi particolari. Veniamo da un mondo che ormai produce auto che sono diventate più sicure ma la manutenzione delle strade si è fermata. E per questo abbiamo stanziato più di un miliardo per rifarle in modo nuovo. Sta arrivando la guida semiautonoma che sarà importante per la sicurezza, ma servono strade intelligenti, smart, che stiamo già sperimentando».

A settembre Elon Musk dialogherà con John Elkann alla Italian Tech Week di Torino. Che idea ha di Musk?

«Ha spinto molto sulla mobilità, e non solo per l’auto. Anche il progetto Hyperloop (una tecnologia di trasporto velocissimo su tubi, ndr) è molto interessante. Dobbiamo essere molto aperti sulle innovazioni».

Nel governo si avverte una certa insofferenza per la privacy e per il modo in cui la tutela il Garante. E il nostro problema più urgente?

«Se dovessi indicare un problema direi la qualità del lavoro, non solo la sicurezza del lavoro. Se non facciano nulla da questo punto di vista, poi abbiamo seri problemi di infiltrazioni mafiose. Certo il tema della privacy è importante e molto complesso. In Italia viene punito anche chi dà i dati non solo chili prende e ne fa un uso sbagliato. Ecco perché la pubblica amministrazione è restia a condividere i propri dati. Questo è un enorme problema per i mobility manager».

Da anni sostiene che l’Italia dovrebbe avere un Istituto per il futuro. Perché?

«Il Pnrr ne è la prova: se avessimo avuto un istituto del genere, ora sarebbe tutto più facile. Per questo sto lavorando per istituirlo e credo che lo avremo».

Quale è la sua definizione di futuro?

«Oggi. Perché il futuro non è mai lontano. I futuri possibili sono tanti, ora però dobbiamo batterci per realizzarlo».

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